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al testo di Emilia Filocamo
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Anche Ruslan è andato. Via da questo budello che mi gira intorno, hula hoop a lento rilascio di veleni e scoriucce. I suoi coriandoli est raggruppati come gli spiccioli da qualche parte, fra la valigia e le pinze - lavoro. Anche Ruslan diventerà padre, lo ha detto in sordina: il suo modellino, ben plasmato altrove avrà gli occhi ghiaccio -rosso del Paese ovocita, il bianco vuoto della casa dei nonni ingentilita da visite che non si duplicano nell'anno. Il fiato lavagna imboccato ad una creaturina che aspetta il suo via per confondere i nord, in una culla tutta italiana, bordata dagli sciocchi che additano l'innesto come una contaminazione. Ma Ruslan con la steppa e Smetana fra i globuli rossi e le mani usate, conosce bene la lingua che mi è nata con l'ombelico. Solo che ogni tanto scusava il concetto balbuziente, la storpia formina che conteneva sabbia ed un bel pensiero distrutti dall'onda dell'idioma degli avi, gatto cirillico a graffiargli la schiena. Anche Ruslan va verso una meta, la settimana Santa e la fiaba Russia dimenticate dietro una porta. Ha bevuto tazze di gerani nei giorni della primavera balorda, in piedi contro il buio come le viscere nella clessidra, su e giù la polverosa brodaglia, sotto la luna, senza mai dire freddo perchè freddo non è questo freddo inzuppato di sud. Anche Ruslan allagherà le braccia di un se stesso in scala ridotta e non sa che certi doni non sono per tutti. E dietro le spalle color Urali già vedo il suo sacchettino, generazione a sacco, marsupio posposto con dentro un agnellino: metà Italia, metà Moldavia. Auguri soldato, baionetta di sera. |
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